Dal lago di Camposto fin sulle sue cime

Colle del Vento e monte di Mezzo di Campotosto

Un’altra uscita decisa all’ultimo momento, sovvertendo pianificazioni e impegni. Giorgio in questo primo ponte di Dicembre avrebbe “dovuto marcare visita” per degli impegni familiari, e le condizioni meteo altalenanti dell’intera settimana non permettevano pianificazioni o uscite certe. Ho lasciato così scorrere la settimana senza progettare alcunché lasciando alla sbirciata delle condizioni meteo del giovedì l’ultima responsabilità. E le previsioni meteo del giovedì parlavano di una splendida finestra di assoluto bel tempo proprio per Domenica 7 e Lunedì 8 Dicembre. Il tempo di cominciare a congetturare qualche possibile meta, semplice per via della mancanza di compagnia che mi squilla il telefono e dall’altra parte c’era Giorgio, che libero dagli impegni, si presentava pronto con convocazione e progetto. Non è la prima volta che Giorgio mi sorprende per le sue decisioni, ormai è una costante piacevole e un po’ perché ero privo di una idea precisa, un po’ perché è bello lasciarsi trasportare ma soprattutto perché Giorgio è stato particolarmente convincente col suo entusiasmo che su due piedi la meta del Monte di Mezzo sopra Campotosto e tutte le sue vette satellite è diventato in un attimo la nostra missione. Oltretutto quella importante per me; mi avrebbe offerto la possibilità di raggiungere la tanto inseguita quota 100 delle conquiste oltre i 2000 metri. Appuntamento alle 4,30 sotto casa sua, il solito raccordo e autostrada verso L’Aquila. Uscita per Teramo e Lago di Campotosto per prendere la provinciale che attraverso il Passo delle Capannelle aggira il gruppo del Gran Sasso. Sulle prime rampe del Passo ai bordi della strada si comincia a vedere traccia di neve e il presentimento di non poter arrivare per le strade impercorribili si affaccia tenue tenue in ognuno di noi due. Ma rimaniamo in silenzio. Anche quando salendo ancora la traccia non è più labile. Il manto stradale da quota 1000 è coperto da un leggero strato di neve, congelato. Seguo le traccie di altre auto, chissà , forse della sera precedente, e curva dopo curva, lentamente cercando di non toccare i freni saliamo fino a valicare il Passo. Ho pensato per un attimo che ce l’avevamo fatta e che scendendo le condizioni sarebbero migliorate. Non era così. Via via che ci infilavamo nella conca in prossimità del lago, stretti tra il gruppo della Laga e quello del Gran Sasso le condizioni del manto stradale peggioravano. Uno strato più consistente costringeva a mantenere quei solchi costruiti dal poco traffico della notte e della sera precedente. Mentre abbandoniamo la provinciale e ci inoltriamo per Campotosto le condizioni peggiorano ulteriormente. Sono circa le 6 del mattino, è ancora buio fondo e la crosta in terra è decisamente gelo. Anche la strada intorno al lago è imbiancata. Ma non mitiga un po’ il clima la presenza di un lago? Comunque , sempre più lentamente ma senza grossi problemi arriviamo in prossimità di Campotosto. Giorgio aveva previsto l’attaco dal paese di Coriaruto, un paese 100 metri sopra le sponde del lago. Cento metri fatali perché a metà della salita siamo stati respinti dal fondo ghiacciato. Era impossibile salire e l’unica possibilità era quella di trovare immediatamente una alternativa di attacco. Nel frattempo l’alba ci consegnava la padronanza del luogo e prendendo per una stradina incrociata poche centinaia di metri prima siamo riusciti a guadagnare comunque altezza. Scivolando un po’ ma comunque senza pericoli saliamo il colle e parcheggiamo nei pressi di due isolate case. Il freddo è pungente e ci costringe ai preparativi in auto. Alle 7,20 , studiato il percorso abbastanza evidente davanti a noi cominciamo l’attacco al Monte di Mezzo. Scendiamo prima e superiamo uno dei tanti fiumiciattoli della Laga e risaliamo una costa ricca di vegetazione. Il tratto è difficile per la vegetazione intricata e per la mancanza di sentiero definito. Intorno è tutto bianco e congelato. Ci alziamo quel poco che basta per godere dell’alba sul lago. Lo scenario è un presepe. Il lago è incastonato in un territorio completamente innevato. L’alba fa prendere al cielo sopra le creste e alla neve tutta, una tonalità rosa delicata che si mescola ai colori invernali delle foglie degli alberi. E’ uno spettacolo da togliere il fiato, una sorpresa inaspettata ancora prima di toccare la montagna. La presenza di questo scenario da fiaba ci accompagna per tutta la salita e tanti sono i momenti per cercare di catturare, con le nostre macchine fotografiche, le variazioni di tonalità dei colori e le ampiezze del panorama che crescono e mutano continuamente. Procedere nella neve è difficoltoso; il manto nevoso è fresco e quindi inconsistente. Finché la presenza della vegetazione intricata e piegata dalla neve rendeva possibile trovare appigli sicuri siamo saliti normalmente, ma molto prima di quanto previsto ci siamo dovuti arrendere a abbiamo dovuto indossare le ciaspole che Giorgio aveva saggiamente deciso di affittare. Con altro passo decisamente più spedito ma con non poca difficoltà nel gestire i nuovi mezzi di “galleggiamento”, superiamo la costa e ci inerpichiamo per la stupenda sorgente dell’Acerone, una cascata di gobbe nevose che interrompe la vegetazione e che rimanda a rumorosi scrosci estivi. Il bosco si interrompe e lascia che lo sguardo domini da un nuovo balcone uno scenario sempre più vasto. Il lago è visibile in tutto il suo contorto profilo e dietro sull’orizzonte domina la mole del Terminillo. Lo spettacolo nello spettacolo. La neve è padrona del territorio. Non sappiamo se fermarci per godere lo spettacolo o se continuare nella difficile salita. Ciò che rimane prima di uscire completamente dal bosco è superato facilmente solo grazie alle ciaspole che ci fanno letteralmente galleggiare su un mare di neve inconsistente. Sopra il bosco, la parete si fa più ripida, la neve a tratti sprofonda e a tratti scopre delle formazioni rocciose affioranti. Fino a che l’uso dei ramponi non è più rimandabile. Un tratto con una pendenza accentuata non si riesce a superare con le ciaspole; l’insicurezza del mezzo ci rende goffi e titubanti. Goffa è la posizione dove decidiamo il cambio del mezzo di avanzamento. Ci scaviamo delle cengie nella neve dove disporre lo zaino e trovare un minimo di agio nei movimenti. Con difficoltà riusciamo a portare a termine l’operazione, e prendiamo a scalettare con i ramponi. Superiamo il tratto che ci ha messo in crisi ma sopra è forse anche peggio. Più ripido e più crostoso, l’avanzamento è reso difficile dal fatto che la neve cambia consistenza a seconda dei tratti più o meno esposti. Con difficoltà e molto lentamente superiamo la spalla, autentica anticima del Colle del Vento. Un balcone in cui la pendenza si annulla, un balcone che domina il lago e la catena del Gran Sasso, che ancora in ombra si mostra imponente e ripida. E’ una meraviglia che ripaga della immane fatica. Sopra una larga cresta, nemmeno troppo ripida sembra poter condurre facilmente alla vetta. Ma non è così, ai fatti è interminabile, spossante, e solo la vista sul Gran Sasso aiuta a continuare la salita. Con un fiatone mai provato, una fatica allucinante, le gambe imballate arrivo comunque alla vetta del Colle del Vento intorno alle 11. Sopra solo una cresta di un paio di chilometri e di nemmeno 200 metri di dislivello che conduce al Monte di Mezzo, davanti la catena del Gran Sasso, sotto la vastità della conca del lago di Campotosto. La vista è unica e colpisce i sentimenti; provo una ammirazione sconfinata per il mondo per quell’angolo di mondo. Rimango senza parole mentre voltandomi verso Giorgio lo vedo incontenibile nel liberare emozioni e lacrime.”Per tutto questo sono qui” continua a ripetere. Ed ha ragione. Non c’è più alzataccia, fatica, stanchezza; c’è solo la perfezione di ciò che è davanti ai nostri occhi. Ci sistemiamo in una conca al riparo dal vento per riposare e mangiare qualcosa per la prima volta. Un quarto d’ora che sembrano 3 minuti e ripartiamo. Sono stanco ma so che devo giungere al mio centesimo 2000. I miei sogni mi portavano sui Sibillini per questa occasione e mai avrei immaginato di festeggiare il traguardo su questa modesta vetta. Eppure , intorno alle 11 e 40 ci arrivo in preda ai crampi e sfatto dalla fatica. Tocco la vetta in compagnia di Giorgio, è più felice di me a da al momento una carica emotiva del tutto unica. Io sono preso dalla gestione della fatica e solo dopo qualche minuto mi riprendo quello che serve per dare il giusto posto ai festeggiamenti. Qualche foto, un abbraccio e cominciamo a gironzolare per la vetta. Costa Sola è li sotto, assolutamente insignificante e del tutto secondaria. Una vetta non vetta nemmeno ben definita. Tutta la zona è un insieme di picchi, quote senza nome sulle carte. Ci sporgiamo nel punto più alto, dominiamo il mondo. Il mare e la Montagna dei Fiori che sembra lì sotto, la catena del Gran Sasso ora in luce. E’ tutta visibile e maestosa. Dalla mole del Camicia e del Prena fino ai colossi vicini del Gran Sasso, dell’Intermesoli, del Corvo e autentica sorpresa della grande vela che è la pagina est del Pizzo di Camarda. Sotto sempre dominante la presenza del lago. Lontano, verso nord- ovest i canaloni del Sirente e la mole del gruppo del Velino, imponente. E il Terminillo presenza ancora più importante. Tutto è bianco e accecante, dominato da un cielo blu incontaminato dalle nuvole e appiattito da mille riflessi. Uno spettacolo che emoziona, che ripaga della fatica. In fondo la montagna non è solo quell’ammasso di pietra che deve essere solo scalato ma è quel punto unico che fa abbandonare lo sguardo e il cuore verso l’infinito e verso anche noi stessi. Come ci sentiamo piccoli e insignificanti davanti a tutto questo!. Ed è la vetta del Monte di Mezzo, una motagnucola fino a ieri. Mai e poi mai dovrò più sottovalutare qualsiasi montagna! Ci riprendiamo dalla stanchezza e dall’emozione dello spettacolo. Decidiamo che è tardi per raggiungere Colle Senarica e prendiamo per la Montagnola, Solo una lunga discesa agile fino ai 2014 metri della vetta, Sono le 12 e 20 e ci sistemiamo sull’ampia cima per una mezz’ora di assoluta beatitudine. Dalla Montagnola il Gran Sasso sembra lì accanto. Più maestoso, più alto e imponente. E’ una magnificenza, è emozionante, e un angolo di mondo insospettato. Giorgio per brindare il mio centesimo 2000 mi sorprende con un Chianti. Brindiamo e l’amicizia diventa la colla per unire tutte le emozioni del momento. Non rimane solo che qualche attimo di silenzio per fissare nella mente quel panorama. Siamo consci che non sarà facile tornare a vivere quella visuale e soprattutto in condizioni meteo così perfette. Scattiamo e ci scattiamo foto che sappiamo non saranno sufficienti a rivivere quel momento ma solamente a sfiorarlo. Coscienti del ritorno, che farà notte presto e soprattutto della stanchezza che sentiamo farci pesare anche la sola idea di rimetterci in marcia, intorno all’una rompiamo gli indugi. Un lungo traverso sulle pendici del Monte di Mezzo per evitare il più possibile inutili dislivelli in salita, e raggiungiamo in una mezz’ora il Colle del Vento. Ci fermiamo ancora per un ultimo sguardo sulla meraviglia che per tutto il giorno ci ha dominato e prendiamo per la discesa. Tutto è molto più semplice della mattina. Traiettorie migliori e la neve che sprofondando ci aiuta a non cadere e ad andare veloci ci fa volare. Sotto l’anticima siamo costretti a rimettere le ciaspole e in meno di 2 ore siamo alla macchina. Alle 15 cerchiamo ci ricomporre la nostra fatica e il nostro aspetto. Ci guardiamo indietro e rivisitiamo il percorso. Quello intuito e studiato la mattina è stato il nostro cammino. Le modeste montagne del versante sud della Laga ci hanno regalato tanta tanta fatica, forse la più grande di sempre, ma anche tanta tanta sorpresa. Le vette e le difficoltà alpinistiche sono state modeste. Solo il manto spesso e fresco ha rappresentato delle difficoltà nei tratti più ripidi, comunque superate. La vera difficoltà è stata gestire la fatica, i continui cambi di attrezzatura, trovare le motivazioni. Le motivazioni che sono venute con le stupende visuali che a seconda dell’altezza raggiunta davano entusiasmo ed esaltazione. E poi lassù in cima la vista del Gran Sasso come mai da nessuna altro punto. Da ultimo la soddisfazione di aver gestito, nella fatica del giorno, un momento strano della mia vita che non sto ora a definire ma che sarà magari bello ricordare domani attraverso queste righe, la poca concentrazione sulla fatica che ha reso tutto più complicato , difficile e meno sopportabile. Avercela fatta comunque, a tutti i costi. Aver stretto i denti, goduto e sofferto insieme, e aver trovato il supporto di un amico, morale e fisico. E il mondo che da lassù riappacificava il cuore con la testa con la sua magnifica vista ammantata di bianco e dominata dalla verticalità delle rocce e dalla calma del lago. Tutto questo è la magia della montagna, la magia di una giornata perfetta, di uno scenario esaltante, di una passione, della felicità di averlo fatto. Quanti altri momenti come questi ci saranno ancora nella mia vita? E’ solo questione di tempo perché ci saranno e li cercherò con tutte le mie forze. Lassù, da qualche parte ci sarà un’altra estenuante salita, un’altra vetta che farà dominare il mondo dall’alto, che farà rallentare il respiro e scendere le lacrime di gioia e ci sarà un’altra giornata perfetta ad arricchire il mio viaggio su questa terra.